La Chiavarina: restauro e design

Oggi incontro Simona e Roberto nella loro bella casa immersa nel verde in un lussureggiante comprensorio sulla via Cassia, a Roma.
Li ho conosciuti in un bellissimo appartamento, di cui gestivo la vendita con il mio collega Jacopo e il feeling è stato così immediato che tra di noi è nata una bella amicizia.

Simona è un ciclone; è allegra, vitale, positiva e propositiva ed ha una grande creatività che esprime, tra l’altro, attraverso il recupero di oggetti di arredamento a cui dona, con la sua esperta amica architetto, nuova vita attraverso un restyling elegante e curato.

Mi mostra una splendida chiavarina, che ha restaurato con abilità e attenzione. La storia della chiavarina è interessante e affonda le sue origini nell’Ottocento.
Nel 1807 l’ebanista Giuseppe Gaetano Descalzi, su richiesta del marchese Stefano Rivarola rielaborò alcuni modelli di sedie francesi riconducibili allo stile impero, semplificandone l’apparato decorativo e riducendo le sezioni degli elementi strutturali.
La chiavarina fu apprezzata da Carlo Alberto di Savoia, Napoleone e lo scultore Canova.
La sua fortuna declinò per l’avvento delle sedie Tonet (austriache).
I legni utilizzati in origine furono ciliegio selvatico e acero a cui si aggiunsero il faggio e talvolta il frassino.

Nel 1957 l’Architetto e designer milanese Gio Ponti realizzò la famosissima “superleggera699”,rivisitò il modello della chiavarina conservando l’estetica e migliorandone le caratteristiche di leggerezza e robustezza.
Tra le chiavarine prodotte la più antica è la “campanino”, seguono le “tre archi”, “parigina” molto più elaborata, poi la “filippa”,la “rocchetto”e la “gotica”.
L’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe affermò, in un articolo apparso sul Times nel 1957: “Una sedia è un oggetto molto difficile. Un grattacielo è quasi più semplice”.